Da qualche tempo io e Marco, il mio compagno di cordata da sempre, cercavamo una linea in grado di ingaggiarci dal punto di vista dell' arrampicata libera, ma in stile tradizionale. Volevamo volare sulle protezioni mobili e sui chiodi, cercando di spingere sia sulla componente psicologica che su quella tecnica. Inizialmente siamo finiti sul pilastro giallo dei Castei Meridionali quasi per caso, per esperimento, ci sembrava improbabile riuscire a salire senza fix da quei gialli senza una linea logica e su roccia di dubbia qualità.
Un po' alla volta ci siamo accorti che invece c' erano molti buchi, la roccia era generosa di appigli e più compatta del previsto.
A posteriori avremmo potuto piantare qualche chiodo in meno, spingendo di più sull'uso delle protezioni, ma spesso i friends non offrivano grandi garanzie di tenuta, e talvolta nemmeno i chiodi, per questo a volte ne abbiamo accoppiati due per creare un punto decente.
Durante la libera siamo rimasti contentissimi, l' arrampicata è veramente entusiasmante, sempre fisica, con molti allunghi, generalmente di resistenza ma con qualche boulderino che richiede decisione e una buona lettura. La roccia è il classico giallo/rosso dolomitico, a tratti richiede attenzione come nel secondo e nell'ottavo tiro ma per il resto è decisamente solida e aderente. Con ben poco margine siamo riusciti a scalare entrambi in libera, a tiri alterni.
Pensiamo che la via meriti veramente di essere ripetuta anche perché l' avvicinamento è breve, la parete solare e non è per niente pericolosa, infatti si scala (e all' occorrenza vola) quasi sempre nel vuoto completo. Mentre il primo tiro è quasi sempre bagnato il resto della via rimane asciutto anche dopo forti precipitazioni, qualche buco risulta spesso umido ma per via di infiltrazioni di andamento stagionale.
Per quel che riguarda il nome, ne avevamo in mente un altro ma le tristi vicende attuali ci hanno fatto cambiare idea. Siamo sempre più addolorati, increduli e arrabbiati per il comportamento criminale del governo di Israele, per questo motivo abbiamo deciso di dedicare questa salita al popolo palestinese, in un segno di solidarietà che ci rendiamo conto, essere di ben poco aiuto.
Accesso la via è ben visibile di fronte alla porta del rifugio Agostini. In un ora dal rifugio Cacciatore si è all'attacco.
Rientro con tre doppie dalla via del rifugio. sulla cima reperire un ancoraggio, doppia di 30m verso la cima d'Ambiez fino a una cengia. Camminare la cengia (esposta) in direzione del rifugio fino a una sosta, doppia di 25m sulla verifcale a una cengia. Ultima doppia di 60 m fino alla grande cengia (possibile spezzarla, sosta intermedia). Camminare la cengia lungamente con un breve tratto in salita in direzione cima Tosa, per poi deviare sul facile verso il rifugio e reperire il sentiero. Dalla cima in un ora e venti si è al rifugio.
Esposizione ovest, sole dalla tarda mattinata
Logistica conviene scalare con sacco e cordino da recupero, arrivati alla cengia si può lasciare lì sacco e cordino facendo gli ultimi tiri leggeri. Dalla quarta sosta, quella con due clessidre, con una doppia di esattamente 60m nel vuoto si arriva alla cengia. È possibile anche ritiarsi dalla cengia intermedia.
Materiale mezze corde, serie completa di Friends al #3, doppiare dal #0.5 al #2. Può avere senso portare un martello nel sacco se si strappasse un chiodo cadendoci sopra.
Un grazie a Giorgio Bosetti per il servizio di taxi jeep e allo staff del rifugio Agostini, sempre estremamente disponibile.