Mountain GuideFrancesco Salvaterra

La Luigi Degasperi al Colodri in libera

Dicembre 2021

La parete est del Colodri sembra essere un inesauribile fonte di ispirazione ed emozioni.

Sicuramente la “parete delle pareti” di Arco, la più bella, la più in vista e, almeno fino a alcuni anni fa, la più ambita.

A salire prima l’aggettante parete sud, leggermente più corta e la est con i suoi 300 metri di verticalità ci sono ormai circa 45 vie. Alla prima categoria appartengono le iper classiche in fessura, peraltro spesso un po’ addomesticate da soste a chiodi resinati e qualche fix lungo i tiri. Le linee più logiche aperte negli anni 80’ sono tutt’ora delle magnifiche scalate che vale sempre la pena ripetere. Agostina, Katia Monte, White crack, Somadossi, Renata Rossi, Umberta Bertamini, Barbara: tutte bellissime arrampicate atletiche, lungo fessure e diedri di roccia compattissima e tutto sommato nemmeno così unte come si dice in giro. Fino a metà del 2000 erano le vie più frequentate di Arco, prima delle vie plaisir, che hanno portato a un progressivo spopolamento del Colodri e Mandrea a favore delle Coste dell’Anglone e della parete San Paolo. Una ventina sono vie sportive come la mitica Zanzara, una delle prime vie sportive in Italia e tutt’ora un banco di prova. Le restanti si dividono in vie di artificiale stile direttissima, come DDT di Marampon e vie alpinistiche, alcune in libera, altre in arrampicata mista libera-artificiale. Tra le alpinistiche in libera sono particolarmente interessanti l’Incompiuta, Vento di Passioni, Charlie Chaplin, la via del Bepi, il Diedro Rosi e Magic Trip (200m IX-), quest’ultima sicuramente la più impegnativa perché estremamente strapiombante e poco ingentilita.

Foto Daniele Lira

Sull’onda della bella avvenuta appunto su Magic Trip, assieme a Marco Pellegrini abbiamo pensato di divertirci e forse valorizzare un’ altra classica dimenticata, la Luigi Degasperi.

Questa via sale un sistema di diedri al centro della parete, nel settore a sinistra del Pilastro Zanzara, per poi connettersi nella parte finale alla Katia e uscire su questa.

E’ stata aperta in arrampicata mista, libera e artificiale, da un forte team di arrampicatori trentini (R.Bassi, S.Fruet, C.Faes, M.Degasperi 1980). Tra questi, spicca Roberto Bassi, mito e figura chiave dell’arrampicata sportiva in valle del Sarca. All’epoca Bassi doveva ancora affrancarsi completamente dai pantaloni alla zuava e le staffe per portare una ventata di novità. Tuttavia i tempi erano quasi maturi e solo tre anni dopo assieme a Manolo inaugura “Zanzara”.

Nello stesso anno Ermanno Salvaterra e C.Gipponi aprono una variante iniziale di due tiri, la variante Gipù, che rende l’itinerario più lungo e continuo, partendo nel punto più basso della parete.

Il secondo tiro è molto bello e severo, risultando uno dei più difficili della via. Il parere di Marco Furlani è che l’itinerario è stato ben poco ripetuto negli anni ‘80 e ‘90, e non ha avuto maggiore fortuna fino ai giorni nostri. Forse per il fatto che le vie in questo stile, solo a chiodi normali, magari con tratti di artificiale e da chiodare non hanno molti seguaci. Non si hanno notizie di salite in libera, tuttavia potrebbe benissimo essere stata già fatta.

NOTA 15 gennaio 2022: in una chiacchierata casuale con Giampaolo Calzà “Trota” scopro che ancora negli anni ’80 il trota assieme a Danny Zampiccoli aveva ripetuto la via in libera e a vista! Mi vergogno di non avergi chiesto prima se aveva fatto la via, non mi è venuto in mente. Il trota è un fuoriclasse e all’epoca secondo me aveva un livello micidiale sul terreno duro-psicologico-friabile. Lo testimoniano le sue solitarie (di cui non parla mai) così come le sue vie nuove, in particolare quelle a cima Capi.

Il secondo tiro della variante Gipù (foto Daniele Lira)

Abbiamo dedicato due giornate alla salita. Il primo giorno siamo partiti dall’attacco originale, provando a salire a vista. Già il secondo diedro ci ha dato del filo da torcere soprattutto per via di parecchi tratti friabili, visto che ormai l’on sight era andata su per il camino ce la siamo presa comoda scalando solo fino in cima all’ultimo diedro difficile. Poi ci siamo calati disgaggiando i tratti di roccia delicata e dando una controllata ai vecchi chiodi.

La seconda giornata siamo partiti dalla variante Gipù e abbiamo salito la via rotpunk fino in cima al Colodri. Sull’ultimo tiro, prima di connettersi alla Katia Monte, abbiamo trovato alcune incongruenze con la relazione. Siamo saliti dritti dalla sosta a chiodi, trovando due chiodi, ma anche un tratto friabile con parecchi blocchi precari, tra l’altro sulla verticale della sosta. Calandoci abbiamo trovato la possibilità di spostarsi a sinistra su una placca a buchi molto più bella e compatta, consigliamo questa breve variante aperta dall’alto.

In un secondo momento, siamo tornati con il fotografo Daniele Lira, per Montura, e abbiamo fatto qualche foto sul secondo tiro della variante Gipù.

Il carattere della Luigi Degasperi è decisamente alpinistico, ci sono alcuni tiri ben chiodati ma anche altri con tratti obbligatori e protezioni non scontate da piazzare. La roccia è generalmente compatta ma non mancano alcune sezioni friabili, dove serve esperienza.

Le modifiche da noi apportate alla via sono state soprattutto pulire dalle prese in bilico sui tratti più delicati. Abbiamo tolto tre chiodi perché inaffidabili e ne abbiamo messi un paio di nuovi. Le soste sono ottime, tutte su solide piante tranne tre su roccia, a chiodi. I primi salitori non hanno messo spit nel 1980 e a nostro avviso non serve farlo ora.

 

ACCESSO

Vale la pena ripetere la via con la variante Gipù. Si parcheggia al lato della piscina comunale, nel parcheggio libero con dissuasore per camper. Conviene percorrere un pezzo di strada verso N fino alla pizzeria California, appena a sinistra dell’entrata della pizzeria parte una traccia che in pochi minuti porta ai piedi della parete. L’attacco è da un evidente diedro, che si raggiunge dopo una facile balza, qui sono successivamente salite anche la via DDT (scritta alla base) e la Festival.

La discesa si può fare dalla ferrata o scendendo a piedi ad Arco.

MATERIALE

Serie completa di fiends al #3 (può tornare utile avere doppie le misure medie), microfriends e stoppers. Martello e qualche chiodo possono tornare utili ma non sono indispensabili.

RELAZIONE

Vidi anche lo schizzo

L1 Diedro inizialmente un po’ sporco poi rampa facile fino alla sosta appesa, su due chiodi integrabili con friends.

L2 Tiro non banale. Superato un primo strapiombino si prende a destra una costola che porta a una lama con passo atletico e obbligatorio, segue una fessura grigia e un altro strapiombino in uscita.

L3 Occorre arrampicare in discesa o fare una breve calata (10 metri) fino alla pianta con vecchi cordini, sosta in comune con la Bertamini.

L4 Si prende un diedrino a sinistra (fix della via Zanzara Sud) e si prosegue tra qualche ramo fino a prendere un passo delicato in placca a sinistra (chiodo con cordone). Segue bel diedro fina alla sosta su pianta.

L5 Tiro molto bello. Un diedro ininterrotto fino a un comodo terrazzino con pianta, inizialmente atletico poi più tecnico, saltare la sosta appesa a metà.

L6 Una breve fessura destabilizzante ma facilmente proteggibile da il grado, sopra segue il facile ed è un po’ sporco. Sosta su due fix di una via sportiva o su pianta.

L7 Il diedro inizialmente è tecnico e non facile da interpretare, con alcune prese da verificare, ma con chiodatura ravvicinata. Sopra è più facile ma ci sono dei tratti friabili specie sul finale. Sosta su tre chiodi.

L8 Si sale la placca fessurata direttamente sopra la sosta. Dopo un vecchio chiodo si trova un tratto friabile che porta a un chiodo nuovo con cordino. Da qui si può prendere la variante a sinistra (non facile girare il bordo) oppure proseguire dritti sulla via originale. La sosta più comoda è su un sasso incastrato con cordino da rinforzare.

L9/10 Lungo la via Katia Monte.

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